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IV episodio Lisalilla

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lisalilla
icon4  view post Posted on 13/8/2010, 18:37





IV episodio, probabilmente l'ultimo
Ciao Lisalilla[SPOILER][/SPOIV
(“A total eclipse of the heart”)

Appollaiato su un tetto, il bavero del cappotto alzato Henry osservava la città.
Da quell’altezza non si percepiva nessun rumore, gli sembrava di essere fuori dal tempo, isolato dalle persone, dalle voci, dalla vita.
Sapeva sarebbe bastato avvicinarsi al suolo per ricominciare a sentire il pulsare delle esistenze e nel contempo la sua fame. Era una creatura della notte.
Non gli piaceva lasciare le questioni in sospeso per troppo tempo, doveva decidere se andare o rimanere.
Vicki si era ripresa bene e al momento nulla sembrava minacciarla però non c’erano certezze per il futuro, del resto non c’e ne erano mai. L’amicizia, la familiarità, la condivisione di tante esperienze non gli bastavano, era consapevole che Vittoria era attratta da lui, ma immaginava che probabilmente non si fosse mai soffermata seriamente sull’eventualità di approfondire il loro legame.
Lei lo aveva affascinato e incuriosito sin dal loro primo incontro, era una persona forte e positiva, a volte riusciva ad essere era irritante, sconsiderata, esasperante, ma il solo vederla lo faceva star bene, anche se c’era in quelle circostanze come un sottofondo di ineluttabile tristezza poiché se ogni vita conteneva già la premessa della morte, ogni vincolo tra un vampiro e un umano ne sottolineava la differenza, l’eterno e il definito non potevano coesistere se non all’infinito, inoltre era lui che vedeva gli altri andarsene, morire, era a lui che poi rimaneva la sofferenza dell’assenza.
Con lei avrebbe potuto essere sé stesso e vivere dei momenti intensi senza dover fingere, con lei avrebbe potuto rischiare, ma forse a lei un tale tipo di affetto non bastava o forse le sarebbe sembrato eccessivo .
Si era accorto che in diverse occasioni Vicki aveva mostrato un autocontrollo formidabile e anche se le pulsazioni del suo cuore acceleravano in sua presenza lei rispondeva alle sue provocazioni con ironia o sarcasmo. Con un sorriso si rialzò.
Una folata di vento freddo gli scompigliò i capelli. Era ora di andare, l’alba era vicina.
Con un balzo si lanciò su un tetto più in basso.
Il vento aumentò d’intensità e un lampo accompagnato da un tuono illuminò la notte.
Insolito si disse Henry - un temporale nel cuore dell’inverno.

La mattinata era grigia, uggiosa, Vicki stava meditando se le conveniva svegliarsi del tutto o tornare a dormire quando in ufficio entro Coreen.
- C’è una signora che ha bisogno di noi - disse Coreen – si chiama Susan Lester.
La donna, circa di mezza età aveva capelli ed occhi scuri, il viso tondo un po’, paffuto quasi privo di rughe, la corporatura abbastanza robusta e l’incedere sicuro.
Raccontò che il figlio, un sedicenne di nome Tom era scomparso tre giorni prima. Il ragazzo, tranquillo, riservato, magari un po’ musone non faceva uso di stupefacenti, non era affiliato a bande e all’ apparenza non aveva motivi per andarsene da casa. Ovviamente era stata fatta una denuncia alle autorità competenti, ma la madre, rivolgendosi ad un’investigatrice privata sperava di ottenere qualche risultato in più.
- Non è da lui – spiegò Susan con la voce rotta – di solito avvisa se rimane fuori più a lungo del previsto, è un ragazzo responsabile, deve essere accaduto qualcosa.
- Mi servono i nomi dei suoi amici, degli insegnanti, l’elenco dei luoghi che frequenta abitualmente, verremo a guardare anche in camera sua per accertare che non ci sia niente di importante – faremo il possibile, ma non le posso assicurare nulla, potrebbe essere ovunque.
- Non sarà facile – disse Vicki guardando Coreen – per ora iniziamo dal poco che abbiamo.
Contattarono Mike per chiedere di essere informate nel caso venisse trovato qualcuno che corrispondesse al ragazzo e poi uscirono con la lista dei nomi da controllare.
Si ritrovarono alla sera, stanche e infreddolite solo per constatare che dagli interrogatori non era emerso niente di insolito, Tom si era fatto un po’ più taciturno del normale, ma continuare a praticare sport e vedere occasionalmente gli amici. Neppure la perquisizione della camera aveva portato nuove informazioni.
Vicki chiamò Henry per mostrargli la fotografia del ragazzo, il caso non lo poteva certo interessare però magari durante le sue peregrinazioni notturne avrebbe potuto imbattersi in qualche traccia, meglio non lasciare nulla di intentato.
- Non aveva una ragazza che gli interessasse in modo particolare? – chiese Henry sedendosi sul bordo della scrivania.
No – gli amici e i compagni lo hanno negato, a volte a quest’età i ragazzi sono un po’ imbranati!
- Non è stato il mio caso però l’ho notato anch’io.
- Non mi dire!
-Domani cosa fai?
- Domani rifaccio tutto un’altra volta.

La giornata si preannunciava serena.
- Vado a ricontrollare la stanza di Tom, potrebbe essermi sfuggito qualche dettaglio, se c’è qualche novità chiamami – affermò Vittoria dirigendosi verso la porta e dopo averla aperta si trovò davanti Michael che portava del caffè.
- Salve ragazze! Visto che bella giornata! – esclamò Mike appoggiando i bicchieri sul tavolo.
- Come sei pimpante oggi, hai vinto alla lotteria?
- No, semplicemente non sono in servizio e la cosa mi aggrada!
- Condizione che fa venir voglia di approfittarne subito! Peccato debba andare a fare una perquisizione – replico Vicki facendogli una boccaccia.
- Se vuoi ti accompagno – si offrì Mike.
- Ma dai ! Chi te lo fa fare a lavorare quando non ci sei costretto, sarà una cosa noiosa.
- Ti accompagno volentieri poi possiamo mangiare qualcosa insieme.
Vicki acconsentì ancora un po’ dubbiosa e insieme si avviarono lungo la strada. La mattinata era fredda, ma luminosa, quasi quanto gli occhi di Mike.
- Sembra proprio che qui non ci sia niente che non potresti trovare nella camera di un qualsiasi ragazzo di quest’età – fece Vicki scoraggiata dopo un’altra ricerca infruttuosa.
- Credo che il ragazzo si affacciasse spesso da qui, su questo lato le tende sono stropicciate come se qualcuno si fosse appoggiato a lungo contro l’infisso – disse Mike che si trovava vicino alla finestra.
- Anche a me piace guardare fuori, cosa si vede?
- Case, semplicemente case.
Ipotizzarono che il ragazzo potesse aver visto qualcosa che non doveva vedere o che lo avesse spaventato e costretto a fuggire.
Girovagarono un po’ per il quartiere, ma negli ultimi giorni, a parte un capanno degli attrezzi incendiato, non era accaduto nulla di inusuale.
In lontananza si sentiva il rumore del tuono.
- Tutto questo azzurro non durerà – disse Vittoria guardando il cielo.
- Peccato! Andiamo?
-Cinese? Indiano? Italiano?
- Lascio scegliere a te oggi mi sento magnanimo!
-Non vorrai far cambiare il tempo!

Quella sera Vittoria ed Henry decisero di ritornare nel quartiere dove viveva il ragazzo, il vampiro con le sue peculiari capacità avrebbe potuto percepire se qualcosa di malvagio si annidava in quel luogo.
- Qualche cuore che batte troppo in fretta, un gufo in cerca di preda, qualche gatto, dei cani, non sento niente di particolare, ci sono troppe persone e molta elettricità nell’aria – disse Henry.
Non aveva ancora finito di pronunciare quella frase quando un fulmine squarciò il buio seguito dal rumore assordante di un tuono. All’improvviso iniziò a piovere e a grandinare, sembrava si fosse scatenata una vera tempesta.
- E’ meglio rientrare – fece Vicki – mi sto congelando! Mentre si avvicinavano all’auto furono urtati da due ragazzi che correvano per ripararsi dal temporale.
Arrivarono all’appartamento di Henry completamente inzuppati.
- Se vuoi farti una doccia per scaldarti un po’ – disse Henry a Vicki porgendole una camicia e un paio dei suoi calzoni – quando la bufera si sarà placata ti riaccompagno a casa.
La pioggia continuava a cadere in maniera incessante, Henry si allontanò dalla finestra – che dici ci guardiamo un film? Hai fame?
- Si ad entrambe le domande – ammiccò Vicki – e tu non devi cenare?
- C’è tempo – le rispose il vampiro.
La tempesta infuriava ancora quasi che gli dei del cielo fossero arrabbiati.
Henry guardava Vittoria che si era addormentata con la guancia appoggiata alla sua spalla.
Il suo cuore pulsava calmo, il suo calore gli scaldava il fianco.
Henry allungo una mano per scostarle i capelli dal volto, indugiò a carezzarle il viso, ma arrivato al collo si fermò.
Vicki aprì gli occhi, lo sguardo appannato e sorridente.
- Stavo facendo un sogno – disse piano - era bello – poi alzò la testa e cercò le sue labbra.
I suoi movimenti erano lenti e trasognati ed Henry la guardava incantato mentre le sue mani le stringevano le spalle. Cercò di controllare il suo istinto, ma il sangue che pulsava veloce sotto la pelle di Vicki era un richiamo irresistibile. Si dominò per guardarla negli occhi e cercare un consenso, la risposta di Vicki fu tentare di togliergli i vestiti. L’impresa si dimostrò più difficile del previsto e si ritrovarono entrambi a terra in preda ad un’irrefrenabile ilarità. Ancora scossi dalle risate si guardarono e tornarono di colpo seri, si osservarono come se si fossero visti per la prima volta oppure come due persone che scorgessero nei tratti di uno sconosciuto il volto di qualcuno perso da tempo.
Le mani di Henry scesero ai fianchi di Vicki si avvicinò alla sua bocca infine
le sue labbra le scivolarono sul collo. Per un attimo Vittoria si irrigidì poi si abbandonò seguendo il ritmo del suo sangue che fluiva in Henry. Avvertiva la testa farsi leggera, il corpo pesante e un’emozione intensa soffocarle il respiro e il suo cuore per un momento si fermò, sospeso, mancò un battito.
Anche Henry percepì quell’assenza, per entrambi fu come sentire il silenzio assoluto, il nulla eterno, il buio totale, la notte a mezzogiorno, ma poi fu luce, l’esplosione di mille galassie come ai primordi del mondo.

Per Vicki era essere lo scoglio assolato sul quale si infrangeva il mare tempestoso, salda frenava l’abraccio tumultuoso delle onde fresche e impetuose e poi lo rilasciava come un sospiro trattenuto troppo a lungo,i era sollevarsi e tendere le mani per inseguire una singola nota che risuonava al limite della sopportazione e si perdeva nel cosmo, era essere in equilibrio sull’orlo dell’abisso che vertiginoso l’attirava verso il
profondo; e lei era la sabbia cullata dolcemente dalla marea calma dopo la tempesta, era l’armonia della musica che assimilando la nota la espandeva in una sinfonia, era buttarsi nel vuoto e sentirsi abbracciare dal vento.
Per Henry era riuscire a guardare il sole, condividere il calore della vita e rinascere ancora.

Accovacciato contro il muro di una vecchia abitazione Tom si stringeva le ginocchia. Aveva freddo e si sentiva infelice e sperduto.

Aveva smesso di piovere.
La stanza conservava la sua calda atmosfera, ma era quell’ora buia e fredda che precede l’alba, l’ora in cui tutto sembra immobile e in attesa dell’impossibile.
Vicki si volse per guardare Henry in volto. Il vampiro la osservava silenzioso, il suo sguardo sembrava oltrepassarla, andare lontano, al di là del tempo e non esprimeva in quel momento ardore, passione, bramosia di possesso o fame, ma solo una struggente tenerezza.
Vittoria gli sorrise, un sorriso stranamente timido. Le implicazioni di quella notte erano troppe, le conseguenze sul futuro imprevedibili, ma non voleva pensarci.
Sapeva di essere più felice di quanto non riuscisse a provare, ma avrebbe conservato quella sensazione per dopo, quando si sarebbe ritrovata da sola.
In quel momento doveva mostrare la sua abituale sicurezza.
- Fra poco sarà l’aurora.
- Si, ma non parlarmi di allodole – disse Vicki alzandosi.
- Pennuti intendi?
- Romeo, Romeo...
- Oh ! Grazie, è un paragone bellissimo.
- Devo andare - disse Vicki mentre tastava i vestiti per vedere se erano asciutti.
- Vittoria...
- Devo andare.
- Sei…
- Bellissima? Attraverso i tuoi occhi anch’io potrei vedermi così, beh non considerando i capelli arruffati, la mancanza di trucco e la notte insonne!
Una volta l’hai detto.
- Intendevo pentita!
- Questa notte ci riproviamo.
- Eh?
- A vedere se troviamo il ragazzo, sono convinta che si nasconda nel suo quartiere.
- Ah!
- Stai bene? Sembra che tu abbia perso la capacità di parlare!
- Ma no! Su quale base fondi le tue teorie, intuito?
- No, solo una sensazione – rispose lei sfiorandogli una mano.
Un istante ed era già uscita. In fuga?
Henry avrebbe voluto potersi soffermare sulle ore appena trascorse, ma la luce del giorno era prossima e lui sarebbe presto caduto nel suo sonno simile alla morte, senza pensieri, senza ricordi, senza sogni.
La stanza sembrava troppo grande, troppo fredda, troppo vuota.

Quando Coreen entrò in ufficio Vicki stava fingendo di lavorare visto che benché fosse lì almeno da un’ora non aveva fatto altro che dormicchiare, fantasticare e svegliarsi all’improvviso col cuore in fibrillazione.
- C’è qualche novità?
- Nulla, però conto di ritornarci questa notte preferibilmente ad un’ora tarda quando non ci sarà in giro quasi nessuno, se è in zona dovrebbe essere più facile individuarlo.
- Se Mike non ha chiamato, significa che il ragazzo non è stato ritrovato cadavere oppure ferito in un ospedale.
L’accenno a Mike fece sobbalzare Vittoria sulla sedia.
- C’è qualcosa che non va? Hai la faccia stravolta, non avrai preso quel virus che c’è in giro?
- No, sono solo stanca e visto che non c’è molto altro che per il momento possa fare, credo andrò a riposarmi un po’, mi aspetta una notte lunga, temo. Ci sentiamo per tenerci aggiornate.

Vicki in quel momento dubitava di essere in possesso di tutte le sue facoltà mentali, di tutte le cose che poteva fare quella che si accingeva a compiere doveva essere la più stupida in assoluto.
Non capiva quale irresistibile impulso l’avesse portata lì.
Dalla porta a vetri vedeva Michael che fissava con sguardo attento il monitor del computer, ogni tanto digitava qualche parola poi tornava a concentrare la sua attenzione allo schermo. Vicki lo amava, sapeva di amarlo, era una parte molto importante della sua vita e nonostante gli inevitabili scontri che nascevano dall’attrito tra due caratteri forti ed indipendenti era consapevole di contare molto anche per lui.
Nel corso dei mesi precedenti quando si era trovata a fronteggiare l’assurdo Mike era stato la sua ancora al reale.
Lei non voleva perderlo, non voleva perdere neanche Henry, aveva già corso quel rischio, ma non voleva sentirsi costretta a scegliere. Forse aveva combinato un pasticcio, sarebbe stato il tempo a dirlo, non voleva ingannare nessuno però, neppure sé stessa, sapeva di non vivere contemporaneamente in due universi paralleli, prima o poi avrebbe dovuto affrontare il groviglio delle sue emozioni e non solo agire d’impulso come aveva fatto quella notte e stava ancora facendo in quel momento, per poi isolarsi nel pragmatismo come faceva di solito.
Mike alzò la testa e la vide, le sorrise poi si acciglio, era contento di vederla, era irritato perché era lì. Come al solito.
A volte la vita era proprio complicata. Vittoria fece un cenno con la mano poi si allontanò.
Mike la seguì all’esterno.
- Dove vai così di fretta?
- Non volevo disturbarti, sembravi così impegnato!
- Il tempo di un saluto.
-L’idea era questa, ma non volevo metterti in difficoltà con il tuo capo.
- Tutto bene? Mi sembri strana.
- Tutto ok, davvero.- Ci sentiamo più tardi?
- Ci conto.
-Ti vedo.
- Problemi con la vista?
- No, pensavo … associazione di idee - Esclamò Vittoria correndo via.
-Vicki ! Accidenti Vicki!
Michael scosse la testa e fece una smorfia che si trasformò in un sorriso.

La notte era fredda e luminosa, rari i passanti che si aggiravano a quell’ora in quella zona della città.
Henry era passato a prendere Vicki verso mezzanotte e adesso camminavano silenziosi per le strade deserte.
Nessuno dei due aveva fatto cenno alla notte precedente e riuscivano a guardarsi e scambiarsi frasi scherzose come al solito.
- Sento qualcuno – disse Henry.
- Sarà un coniglio semi assiderato, fa freddo questa sera.
- No, è umano, viene da là – esclamo puntando il braccio verso un giardino spoglio, dove alcuni giochi dimenticati all’aperto brillavano nel buio.
Superarono un gruppetto di alberi brulli e alcuni arbusti per giungere in un esiguo spazio erboso che finiva a ridosso del muro di cinta di un caseggiato. Appoggiata alla parete scorsero una persona che se ne stava accovacciata con le braccia intorno alle gambe e la testa appoggiata alle ginocchia.
Mentre si avvicinavano la sagoma si mosse, il viso pallido di un ragazzo si mostrò loro dall’ombra.

- Tom ? Sei Tom vero ? – chiese Vicki .
- Stai tranquillo, non vogliamo farti del male – aggiunse Henry.
- So chi siete, vi ho visti a casa mia, penso mi stiate cercando, forse vi stavo aspettando.
- E’ stata tua madre a chiedercelo, è preoccupata, anzi è disperata non sa dove sei, cosa ti è successo!
- Almeno sei vivo, vieni dai ti accompagniamo a casa.
- Vorrei tornare, ma non posso, ho paura.
- Qualunque cosa sia accaduta riusciremo a trovare un rimedio – disse Vicki avvicinandosi un po’ di più al ragazzo.
- Ferma! Non accostarti, è pericoloso, potrei farti del male.
Henry e Vicki si guardarono senza capire, il tono di Tom sembrava più angosciato che minaccioso.
- Come vuoi, però andiamo a casa, sono troppe notti che passi all’aperto, fa freddo, se non ti tocchiamo vieni con noi? Così ci spieghi cosa è capitato, va bene?
- Si, vengo, non ne posso più di stare qui fuori anche se dubito possiate aiutarmi.
Vicki telefonò a Susan, convinta che era meglio interrompere una notte insonne e mettere fine all’ansia della donna che attendere il giorno successivo per riaccompagnare il ragazzo.
La signora li attendeva sulla soglia dell’abitazione, la porta aperta, l’espressione incerta, ma speranzosa, appena li vide fece per tendere le braccia, poi memore delle indicazioni di Vicki si scostò per lasciarli entrare.
- Mamma!
- Tom ! – Soffocando le domande Susan guardava il figlio mentre inghiottiva le lacrime – Ti preparo qualcosa di caldo?
Va bene - rispose il ragazzo avvicinandosi alle scale che portavano al piano superiore – torno fra pochi minuti e vi spiego tutto.
I tre adulti si guardavano in silenzio senza osare esprimere nessuna congettura.
Finalmente Tom ritornò in soggiorno, si era evidentemente fatto una doccia veloce e indossato abiti puliti.
- Te la senti di dirci cosa ti è accaduto - chiese Henry – sei stato minacciato?
- No, no nessuno mi ha fatto del male, ho pensato di andarmene perché ero io a costituire un pericolo per gli altri, ho capito solo in seguito che non era la soluzione giusta, ma non sapevo cosa altro fare, al momento mi era sembrata un’opzione accettabile.
E’ iniziato tutto qualche mese fa, all’inizio sembrava una cosa casuale poi ho capito che dipendeva da me, vi sarà difficile crederlo, ma sono arrivato alla conclusione che se sono arrabbiato o deluso la mia collera è capace di scatenare un temporale.
- Ma dai!
- E’ così davvero, se sono agitato e tocco qualcuno gli trasmetto una scossa più o meno leggera, ma se sono molto adirato si scatenano tuoni e fulmini e non posso controllarli. Se qualcuno mi toccasse quando sono in quelle condizioni non so cosa potrebbe accadergli.
- La scossa l’ho notata anch’io - ammise Susan – ma pensavo fosse elettricità statica, il resto però mi sembra impossibile.
- A me piace molto una ragazza, si chiama Lucy, abita qui vicino – continuò il ragazzo – abbiamo passato molto tempo insieme la scorsa estate e siamo diventati amici, pensavo di interessarle almeno un po’ invece lei si è presa una cotta per Nicholas, uno di quei ragazzi che si credono un dono del cielo, mi è capitato di vederli dalla finestra, lui la trattava male, io mi arrabbiavo, ma non potevo far nulla, poi ho notato che quando ero in quello stato d’animo scoppiava sempre un temporale. Ho cominciato a pensare che dipendesse da me, ma ne sono stato sicuro solo quando qualche giorno fa lui l’ha colpita.
Ero tranquillo, stavo facendo i compiti mi sono alzato un attimo per guardare fuori, loro erano vicino al capanno,lui le ha dato uno schiaffo, quando ho visto cosa ha fatto avrei voluto incenerirlo, ero rabbioso. Sono corso fuori, non mi ero mai intromesso in precedenza nelle questioni di Lucy, ma questa volta volevo intervenire, ma il temporale e scoppiato subito violentissimo e un fulmine è caduto dove pochi secondi prima c’era lui. Quando ho visto il capanno incendiarsi mi sono spaventato e sono scappato.
- Adesso come ti senti?
- Sono preoccupato, non arrabbiato – disse il ragazzo sorridendo per la prima volta e tese la mano a Vicki che la strinse con circospezione.
La scossa fu leggera, ma inequivocabile.
- E’ accaduto altre volte, anche ieri sera, due ragazzi hanno tentato di aggredirmi, ero spaventatissimo, i tuoni li hanno distratti e sono riuscito a scappare, per fortuna non sono stati colpiti dai lampi.
- E’ un caso da “X files” - scherzò Henry per alleggerire la tensione - però non possiamo consegnarlo al governo lo userebbero come arma non convenzionale!
- Neppure un medico, credo, riuscirebbe a risolvere il problema, verrebbe studiato come caso clinico e sospetto non sia questo il desiderio di Tom - puntualizzo Vicki - dovremo escogitare qualcosa e tu cerca di stare calmo - aggiunse rivolta al ragazzo - bevi il tuo latte e cammina scalzo.
- Non credo tu riesca a creare fulmini dal nulla, probabilmente sei un catalizzatore, verosimilmente questa tua facoltà era latente, ha cominciato a manifestarsi con l’inizio dell’adolescenza e poi un evento emozionale intenso l’ha fatta scatenare in maniera incontrollabile.
- Le forti emozioni possono causare conseguenze imprevedibili – aggiunse Henry – fa il possibile per rimanere tranquillo cerca di dormire.
Vi ringrazio – disse Susan – l’importante è che sia qui, il resto può aspettare.
Si salutarono con l’accordo di vedersi il mattino successivo.
La temperatura si era abbassata e la brina luccicava sotto il cielo stellato.
Henry e Vicki camminavano silenziosi, troppo consapevoli l’uno dell’altro per potersi anche solo sfiorare.

Vicki aveva messo al corrente Coreen delle vicissitudini della notte e avevano iniziato a discutere per tentare di trovare una soluzione che permettesse al ragazzo di vivere normalmente.
- Ci sono i miti greci - disse la ragazza - Zeus scagliava fulmini e anche altri dei potevano creare una tempesta, però loro riuscivano a indirizzarle dove volevano. Credi che il ragazzo voglia cercare di disciplinare questo potere o che desideri soltanto perderlo ?
- Non può imparare da solo e chi mai potrebbe insegnarli ad usare questa capacità senza far male a nessuno? Forse è meglio che rinunci a questo dono, se così si può chiamare!
- Ci sono delle zone particolari sulla terra dove si crede passino delle linee di forza, presso Stonehenge, le piramidi, le cattedrali gotiche in Francia e altri luoghi ancora in cui non è improbabile che Tom possa scaricare la propria energia , se vuoi ti faccio un elenco.
- Potrebbe rimanere fulminato! Queste località dovrebbero emetterla non riceverla.
- Può essere che valga anche il contrario, perché no? Comunque cerco ancora.
-Si potrebbe tentare un esperimento su un terreno neutro, il ragazzo dovrebbe entrare in contatto con la terra per vedere cosa succede. Solo lui però può decidere.
L’arrivo di madre e figlio pose fine alla disquisizione.
Tom portava in viso i segni dei giorni trascorsi all’aperto e nonostante avesse dormito a lungo sembrava stanco.
Vicki li mise al corrente delle loro riflessioni.
- Non so davvero cosa si possa fare, qualsiasi tentativo potrebbe rivelarsi un fallimento o risultare pericoloso, forse è meglio prendere in considerazione l’idea di rivolgersi ad un medico. Di queste cose in realtà non ne sappiamo nulla.
- Avete fatto fin troppo, dovevate trovare Tom e ci siete riusciti - disse Susan - magari col tempo si troverà un modo, non so, per me è già tanto poterlo abbracciare anche se prendo un po’ di scossa!
- Voglio provare ! Andiamo!
- Dove ?
- Al parco, quello vicino alla scuola.
- Ma non c’è il temporale.
- Arriverà!
- Tom può essere rischioso – gridò Susan cercando di trattenerlo.
Le tre donne seguirono il ragazzo chele precedeva correndo sulla strada nella giornata fredda e grigia.
Appena dopo l’ingresso del giardino Tom si fermò – quello è Nicholas – disse indicando un ragazzo che al centro di un gruppo di coetanei calamitava la loro attenzione – sono già furioso- aggiunse mentre il rumore del tuono rimbombava lontano.
- Di là – li incitò Coreen – indicando un gruppo di alberi che li avrebbero nascosti alla vista di altre persone.
- Cosa devo fare?
- Togliti le scarpe e gli indumenti che abbiano oggetti metallici e poi concentrati, appoggia anche le mani sul terreno, ma tieni il busto eretto,
così, bene …
- Coreen si prenderà un accidente siamo in inverno, la mia era solo una teoria.
Mentre i primi lampi illuminavano il cielo intorno a Tom si formò una specie di nebbia dentro la quale saettavano brillanti linee gialle e blu.
- Oddio!
- Tom stai bene?- Chiese sua madre.
- Si sento solo un po’ di solletico, non è spiacevole.
- Senti l’energia defluire verso terra?
- No, la sento dentro di me, nelle mani, si adesso si !
Rimasero a guardare l’alone luminoso che progressivamente perdeva di intensità, senza però scomparire del tutto.
- Non succede più niente – disse il ragazzo – adesso mi rivestirei, comincio ad avere freddo.
- Credo funzioni - ribadì Coreen entusiasta - quando Tom sente che la sua rabbia cresce non deve far altro che rapportarsi alla terra.
- Può funzionare, ma è una soluzione temporanea, non puoi pensare che possa stare mezzo nudo in mezzo ad un prato con una bufera di neve o con venti gradi sotto zero – puntualizzò Vittoria – forse però in uno dei luoghi di cui parlavi ieri riuscirebbe a scaricarla del tutto.
- Forse potrei tentare di controllare questa energia. Oggi sono riuscito ad indirizzarla dove volevo, fino a ieri si scatenava dove preferiva del resto io non avevo considerato di poterla dominare - affermò Tom molto esaltato.
- Capisco, però in questo modo potresti fare del male ad altri, volontariamente.
- Lo so e cercherò di non farmi sedurre da questo tipo di potere, però prima di rinunciarvi vorrei capirlo, studiarlo, magari è già capitato ad altri e basta solo cercare.
- Te lo auguro, ma se ci fossero dei problemi contattami.
Vicki sperava proprio di non aver contribuito a creare un mostro. Il ragazzo sembrava assennato però c’era sempre il rischio che si lasciasse travolgere dalle emozioni.

Più tardi Henry aveva cercato di placare i suoi timori, il ragazzo non era più un bambino e poi aveva una madre responsabile per lui. Non era riuscito a convincerla del tutto, ma quando se ne era andato per un impegno di lavoro, Vittoria sembrava più serena.
Quando giunse Mike Vittoria lo guardò come se fosse un alieno.
- Non avevi detto che ci saremmo sentiti in giornata? Posso andarmene se non sono ben accetto!
- Come sei suscettibile!
- Parla la persona meno irritabile del mondo!
- Sei permaloso e poi ho avuto una giornata faticosa.
- Sei sicura di stare bene? Questa mattina avevi accennato a qualcosa, non ti è peggiorata la vista?
- Ma no, che dici? Rispose Vittoria pensando che gli avvenimenti del giorno precedente sembravano i postumi di un sogno – Abbiamo trovato il ragazzo che si è rivelato un novello Giove!
- Potresti raccontarmi tutto davanti ad una cena salutare, sembri un po’ pallida. Se hai il necessario ti cucino una pasta.
- Davvero? Al pomodoro?
- Per te questo e altro.
- Perde un po’ lo scarico del bagno...
- Dove scappi? Aspettami!













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